Tra le modifiche apportate dalla legge di conversione del decreto legge “Cura Italia” (decreto legge n. 18/2020), ve ne è una di particolare interesse per quanto riguarda i lavoratori dipendenti con contratti di lavoro flessibile.

La problematica nasce dal fatto che la normativa ordinaria non prevede la possibilità, per le aziende fruitrici di un ammortizzatore sociale, di apporre un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato. La norma “incriminata” è l’articolo 20, comma 1, lettera c), del Decreto Legislativo n. 81/2015, meglio conosciuto come “Testo Unico dei Contratti di lavoro”.

L’articolo in questione dispone il divieto di assumere e/o prorogare rapporti di lavoro a termine, presso le unità produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni. Unica eccezione è relativa ai rapporti di lavoro che riguardano lavoratori adibiti a mansioni diverse rispetto a quelle a cui si riferisce la richiesta di ammortizzatore sociale.

Detta disposizione è replicata, quasi come una sorta di copia-incolla, tra i divieti previsti nella normativa sulla somministrazione di lavoro. Anche in questo caso, il legislatore del Jobs act ha stabilito l’impossibilità di stipulare contratti di somministrazione di lavoro presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro.

inoltre il legislatore ha previsto il blocco delle assunzioni e delle proroghe da parte di aziende che hanno sospeso o ridotto l’attività lavorativa, richiedendo un ammortizzatore sociale.

La crisi in atto non ha a che vedere con una motivazione aziendale di natura organizzativa o produttiva, ma è una crisi di natura sanitaria che ha avuto forti ripercussioni anche da un punto di vista economico. Inoltre, la chiusura o la riduzione dell’attività lavorativa è intervenuta, in molti casi, su una imposizione da parte del Governo. Su questi presupposti, il legislatore, con l’articolo 19-bis della legge di conversione del decreto Cura Italia, si è reso conto della necessità, per questo particolare periodo storico, di sospendere il divieto e dare così la possibilità alle aziende e, indirettamente, ai lavoratori, di rinnovare o prorogare contratti a tempo determinato in essere.

Viene data la possibilità alle aziende, durante il periodo di cassa integrazione Covid-19, richiesto ai sensi degli articoli 19 e ss. del decreto Cura Italia, di procedere al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione.

Il rinnovo del contratto a termine è consentito oltre che in deroga all’articolo relativo ai divieti (20, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 81/2015), anche in deroga al cd. stop&go e cioè all’obbligo di prevedere tra due contratti a tempo determinato una “vacanza contrattuale”, prescritta dall’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015. Infatti, la disposizione normativa impone, in caso di reiterazione di un contratto a termine con lo stesso lavoratore, un periodo di inattività contrattuale di almeno 10 giorni, qualora il contratto cessato sia stato di durata fino a 6 mesi, ovvero di almeno di 20 giorni qualora il contratto cessato sia stato di durata superiore a 6 mesi