Con riferimento alla maggiorazione del contributo addizionale NASpI per i contratti a termine, dalla lettura delle disposizioni previste dal DL N. 87/2018, nonché dalla circolare Inps n. 121/2019, non si fa alcun riferimento al contratto di lavoro intermittente a tempo determinato e al contratto di lavoro extra nei pubblici esercizi. Per gli stessi è già dovuta la maggiorazione del 1,40%, in quanto nessuna disposizione normativa la esclude. Ma per tali contratti è dovuta la maggiorazione del contributo addizionale dello 0,5% per ogni rinnovo contrattuale? 

Posta l’applicazione del contributo addizionale nella misura ordinaria dell’1,4% per i lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, si ritiene che la maggiorazione del contributo addizionale dello 0,5%, in caso di rinnovo di tali contratti, non sia dovuto.

A questo proposito va evidenziato che le modifiche introdotte dall’art. 3, comma 2, del DL n. 87/20018 hanno previsto l’inserimento infine all’art. 2, comma 28, della Legge n. 92/2012 del seguente periodo: “Il contributo addizionale aumentato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione”.

È bene ricordare, inoltre, che il primo periodo del citato comma 28 prevede che “[…] ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali”. L’approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, pubblicato il 10 ottobre 2019, puntualizza che l’aumento del contributo addizionale non sia applicabile al contratto intermittente a tempo determinato per i seguenti motivi. In particolare, sembra chiara la volontà legislativa di distinguere l’ambito applicativo dei due contributi addizionali:

  1. a) l’1,4% trova una applicazione generalizzata a tutti i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato
  2. b) lo 0,5%, invece, trova una applicazione circoscritta al contratto a tempo determinato, tant’è che in questa seconda ipotesi, il Legislatore volendolo estendere anche al contratto di somministrazione, ha inserito l’espresso riferimento a quel regime.

Nella ipotesi a) il contratto intermittente a tempo determinato va ricompreso, così come precisato dall’I.N.L. nell’interpello 15/2013. Nella ipotesi b) non può essere ricompreso il contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, in quanto:

  •  il contratto intermittente è fattispecie contrattuale speciale autonoma che non può essere ricondotta nel contratto a tempo determinato, rispetto al quale mantiene una completa indipendenza normativa. Negli art. 13 e ss. del D. Lgs. n. 81/2015, infatti, viene declinata la possibilità che il lavoro a chiamata possa essere “anche a tempo determinato”, senza alcun rimando alla regolamentazione propria del contratto a tempo determinato.
  •  il concetto di rinnovo proprio del contratto intermittente mantiene una natura giuridica del tutto differente, essendo il rinnovo del tempo determinato ontologicamente speciale, prevedendo le causali e, come tale, non estensibile in via analogica ad altre fattispecie.

FAQ:

Può considerarsi rinnovo il caso di un lavoratore, precedentemente assunto con contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, che viene riassunto dalla stessa azienda con un contratto di lavoro a termine? Deve applicarsi la maggiorazione del contributo addizionale NASpI?  La stipula del primo contratto a tempo determinato con un soggetto già occupato in precedenza dal medesimo datore di lavoro solo con contratto di lavoro intermittente non si considera un rinnovo. Pertanto, non si applica l’aumento del contributo addizionale NASpI.

Con la presente si chiede di conoscere il comportamento da tenere nel caso in cui il contratto a tempo determinato sia già stato trasformato in contratto a tempo indeterminato e si sia proceduto al recupero del contributo aggiuntivo 1,40%. Si ritiene di non dover versare la maggiorazione dello 0,5% poiché la stessa dovrebbe comunque essere oggetto di recupero da parte del datore di lavoro.  L’obbligazione contributiva e il diritto al recupero agiscono in maniera distinta. La circolare Inps n. 121/2019 non fornisce indicazioni su possibili compensazioni come quelle richieste nel quesito. In assenza di diverse indicazioni dell’Istituto si suggerisce di effettuare due operazioni separate ed esporre in maniera distinta nelle denunce UNIEMENS da un lato l’incremento contributivo dovuto, dall’altro il recupero spettante al datore di lavoro per la trasformazione. Più specificamente, la circolare n. 121 fornisce indicazioni sulle procedure da seguire. Naturalmente, avendo già effettuato il recupero del contributo addizionale nella misura dell’1,4%, formerà oggetto di restituzione solo la maggiorazione dovuta, utilizzando il codice già in uso L810.