L’Esecutivo, attraverso il bilanciamento tra le esigenze dei lavoratori finalizzate alla salvaguardia occupazionale e quelle dei datori di lavoro tese ad una ristrutturazione per affrontare le nuove richieste dei mercati, ha elaborato due criteri alternativi (fruizione delle integrazioni salariali COVID-19 e esonero contributivo quadrimestrale), con una serie di deroghe, ivi compresi gli accordi aziendali per i “licenziamenti non oppositivi”, probabilmente accompagnati da incentivi all’esodo.

I primi due commi dell’art. 14 del decreto Agosto affermano che, in linea generale, la preclusione all’avvio delle procedure collettive di riduzione di personale richiamate dagli articoli 4,5 e 24 della legge n. 223/1991 e la sospensione di quelle avviate successivamente al 23 febbraio 2020, riguarda tutti i datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti integrativi salariali COVID-19 previsti dall’art. 1 (9 settimane a partire dal 13 luglio oltre ad altre 9 a determinate condizioni) o che stiano fruendo dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali previsto per 4 mesi in favore di quei datori di lavoro che rinunciano a “godere” degli ammortizzatori sociali (art. 3), con la sola eccezione del cambio di appalto sul quale mi soffermerò più avanti.

“l’aggancio” alla fruizione delle 18 settimane (di cui le seconde 9, a “prezzo maggiorato” se il fatturato non è calato o è calato in misura inferiore al 20% nel primo semestre del 2020, rispetto a quello dello stesso periodo dell’anno precedente), la sospensione dei licenziamento per giustificato motivo oggettivo ha un termine ultimo, correlato al godimento della integrazione salariale COVID-19, o ai 4 mesi di agevolazione contributiva, che è, per entrambi, il 31 dicembre: ovviamente, se le 18 settimane fossero, senza soluzione di continuità, fruite in maniera continuativa dal 13 luglio, la scadenza sarebbe fissata al 16 novembre.