La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 6 maggio 2019, n. 11777, ha ritenuto che, ai fini della configurabilità del mobbing, il lavoratore deve provare: la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio da parte del datore o di un superiore (bossing), illeciti o anche leciti, se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.