Ai sensi di quanto previsto dall’art. 51 del Tuir (Testo Unico delle Imposte sul Reddito), si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche i compensi in denaro e in natura corrisposti dai datori di lavoro ai dipendenti entro il 12 gennaio dell’anno successivo a quello cui si riferiscono. Si tratta del cosiddetto principio di cassa allargato. Ciò significa che entro il 12 gennaio 2021 devono essere pagati gli stipendi del mese di dicembre 2020, affinché, dal punto di vista fiscale, possano essere considerati percepiti dal lavoratore nell’anno 2020 e quindi compresi nella prossima Certificazione Unica (che dal 2015 sostituisce il modello CUD). Pertanto, gli stipendi e i salari incassati entro il 12 gennaio dell’anno successivo sono soggetti a tassazione nel periodo d’imposta precedente (anno 2020), a condizione che si riferiscano a prestazioni svolte in tale anno precedente (anno 2020). Lo stesso principio di cassa allargata si applica anche ai compensi pagati ai collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co.) ex art. 409 del c.p.c., come ad esempio gli amministratori e sindaci di società, in conseguenza del fatto che tali redditi sono stati assimilati ai redditi di lavoro dipendente (circolari n. 7/E del 26/01/2001 e n. 57/E del 18/06/2001 dell’Agenzia delle Entrate). Ciò significa che anche per tali soggetti è possibile corrispondere i compensi entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono e considerarli, dal punto di vista fiscale, percepiti comunque nell’anno precedente (nella fattispecie anno 2020). Nel caso in cui l’amministratore (ovvero il sindaco) sia un professionista e fatturi il proprio compenso alla società non vale la regola di cui sopra in quanto tali compensi non sono qualificati fiscalmente come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ma sono assoggettati alle disposizioni fiscali dettate per i redditi di natura professionale secondo cui partecipano alla formazione del reddito del professionista solo i compensi percepiti entro il 31 dicembre (circolare n. 105/E del 12/12/2001 dell’Agenzia delle Entrate). Per concludere, considerato quanto affermato dalla Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E del 23/12/1997, secondo cui ciò che rileva è il momento in cui “(….) il provento esce dalla sfera di disponibilità dell’erogante per entrare nel compendio patrimoniale del percettore”, affinché i pagamenti dei salari e stipendi ai dipendenti e i compensi ai co.co.co., possano essere considerati effettuati entro il 12 gennaio se corrisposti con Assegno Circolare o Assegno Bancario, il pagamento risulta ottemperato nel momento in cui il lavoratore entrerà in possesso del titolo, quindi quando lo riceve, sempre entro il 12 gennaio (è sempre opportuna una ricevuta di consegna dell’assegno); • se corrisposti a mezzo bonifico bancario o altre modalità telematiche, è importante che la somma sia entrata nelle disponibilità del lavoratore entro il 12 gennaio (cioè risulti accreditata sul conto corrente entro tale data). Per le evidenti conseguenze di carattere fiscale, si invitano i datori di lavoro a effettuare il pagamento degli stipendi di dicembre entro e non oltre il giorno 12 gennaio 2021. Si ricorda che la Legge di Bilancio 2018 (Legge n. 205/2017), ai commi n. 910-914, ha stabilito, a decorrere dal 1° luglio 2018, l’obbligo per i datori di lavoro o committenti di corrispondere ai lavoratori le retribuzioni o i compensi, e ogni anticipo di essi, esclusivamente attraverso una banca o un ufficio postale mediante uno dei seguenti mezzi: • bonifico bancario sul c/c identificato dal codice IBAN del lavoratore; • strumenti di pagamento elettronico; • pagamento in contanti presso uno sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento; • emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore oppure, in caso di suo comprovato impedimento, ad un suo delegato. L’impedimento si intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale del lavoratore, purché di età non inferiore a 16 anni. I datori di lavoro e i committenti, pertanto, non possono più corrispondere la retribuzione ai lavoratori per mezzo di denaro contante, indipendentemente dalla tipologia di rapporto instaurato tra le parti. Peraltro, come già evidenziato da una giurisprudenza di legittimità pressoché costante (da ultimo si veda l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 21699 del 06/09/2018), le nuove disposizioni stabiliscono espressamente che la firma apposta sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. Rientrano nel campo di applicazione della nuova disposizione tutti i rapporti di lavoro subordinato, indipendentemente dalle modalità di svolgimento e dalla durata del rapporto, nonché tutti i rapporti originati da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e i contratti stipulati dalle cooperative con i propri soci.

Sono espressamente esclusi dalla nuova disciplina i rapporti di lavoro: – costituiti con le pubbliche amministrazioni; – domestico, costituiti in forza al relativo ccnl stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Devono altresì ritenersi esclusi, in quanto non espressamente richiamati dalla nuova norma, i compensi derivanti da borse di studio, tirocini e rapporti autonomi di natura occasionale. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (I.N.L.) con la nota n. 4538 del 22/05/2018 ha chiarito che costituisce violazione del nuovo obbligo di pagamento delle retribuzioni e dei compensi con le modalità sopra indicate, – quando la corresponsione delle somme avvenga con modalità diverse da quelle espressamente indicate dal Legislatore (sopra elencate); – nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei predetti sistemi di pagamento, il versamento delle somma dovute non sia realmente effettuato, ad esempio, nel caso in cui il bonifico bancario in favore del lavoratore venga successivamente revocato ovvero l’assegno emesso venga annullato prima dell’incasso. Tali circostanze evidenziano, sempre secondo l’I.N.L., uno scopo elusivo del datore di lavoro che mina la ratio della disposizione. Pertanto, oggetto delle verifiche non sono soltanto le modalità utilizzate da parte del datore di lavoro per il pagamento delle retribuzioni, ma anche che lo stesso sia andato a buon fine. La violazione dell’obbligo in parola comporta la sanzione amministrativa da 1.000 € a 5.000 €. Sempre l’I.N.L. ha chiarito che, trattandosi di illecito non materialmente sanabile, non potrà essere applicata la diffida, pertanto la predetta sanzione sarà determinata nella misura ridotta di cui all’art. 16 della Legge n. 689/1981, pari a 1.667 €. Tale sanzione prescinde dal numero di lavoratori interessati dalla violazione e, considerato che la periodicità di erogazione della retribuzione è, di norma, mensile, trova applicazione per ciascun mese in cui si è verificato l’illecito. Recentemente, sempre l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito ulteriori indicazioni con la nota n. 9294 del 09/11/2018 in merito all’irrogazione della sanzione per mancato versamento della retribuzione con strumenti tracciabili a lavoratori irregolarmente occupati. In particolare, nell’ipotesi in cui gli organi ispettivi abbiano accertato l’impiego di lavoratori in “nero” e abbiano riscontrato che i medesimi lavoratori siano stati remunerati in contanti e non mediante strumenti di pagamento tracciabili, oltre alla contestazione della maxisanzione per lavoro “nero”, potrà essere applicata anche la sanzione prevista per i pagamenti non effettuati con strumenti tracciati. Inoltre, in caso di lavoratori irregolarmente occupati e di accertata corresponsione giornaliera della retribuzione (quindi, non con cadenza mensile), si potrebbero configurare tanti illeciti per quante giornate di lavoro in “nero” sono state effettuate. In tali situazioni, le sanzioni applicate potrebbero raggiungere importi molto rilevanti. Rimane in ogni caso ferma l’adozione della diffida accertativa nel caso in cui, accertata la corresponsione della retribuzione, sebbene in contanti, risulti inferiore all’importo dovuto in base al ccnl applicato dal datore di lavoro.