Il parziale sblocco dei licenziamenti per g.m.o. e la connessa ripresa delle procedure di licenziamento previste dall’art. 7 della legge n. 604/1966 portano l’Inl a diramare chiarimenti in merito ed a fornire la nuova modulistica da utilizzare per presentare l’istanza di tentativo di conciliazione

Sono tenute a presentare la nuova istanza di conciliazione di cui all’art. 7 della Legge n. 604/1966 non solo le aziende che intendono avviare una nuova procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (g.m.o.), ma anche quelle che vogliono riprendere le procedure già in corso, sospese in ragione di quanto previsto dall’art. 46 del DL. 18/2020. Questo il chiarimento fornito dall’Ispettorato nazionale del lavoro con la nota n. 5186 del 16 luglio 2021 relativamente alla riattivazione delle procedure conciliative, dovuta alla cessazione, sebbene solo in certi casi, del divieto di licenziamento.
La nota in commento definisce i contorni dell’operatività del divieto di licenziamento che permane in certi ambiti e a certe condizioni, in stretto rapporto alla possibilità di usufruire dei previsti strumenti di sostegno al reddito.

Divieto di licenziamento e sospensione delle procedure in corso
Il 17 marzo 2020 veniva pubblicato il cd. decreto “Cura Italia” (D.L. n. 18/2020) che disponeva il blocco dei licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo (art. 46), sospendendo anche la possibilità di avviare procedure obbligatorie di conciliazione davanti alla Commissione di conciliazione dell’Ispettorato territoriale del lavoro per le ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 7, della Legge n. 604 del 15 luglio 1966. Con il perdurare della situazione emergenziale da pandemia Covid-19 si sono susseguiti diversi interventi normativi in materia, che hanno prorogato il divieto di licenziamenti. Il legislatore ha, infatti, inteso arginare il ricorso ai licenziamenti collettivi ed individuali per g.m.o. anche provvedendo a sospendere le procedure già avviate al momento dell’entrata in vigore delle disposizioni normative restrittive.
A tal proposito si ricorda che la Legge n. 92/2012 al comma 40 dell’articolo 1 ha riformato l’art.7 della Legge n. 604/1966 in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, introducendo, per i datori di lavoro con i requisiti dimensioni di cui al comma 8 dell’art. 18 della legge 300/1970, il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo presso le Direzioni territoriali del lavoro, oggi Ispettorati territoriali del lavoro (ITL). Trattandosi, quindi, di una procedura che si configura quale condizione di procedibilità, nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare una comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro, competente sulla base del luogo in cui il lavoratore presta la sua opera, trasmettendola per conoscenza al lavoratore. A seguito di detta comunicazione, secondo quanto previsto dal comma 3 del citato articolo 7, l’ITL deve convocare datore di lavoro e lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta, ai fini dello svolgimento del tentativo di conciliazione dinanzi alla Commissione provinciale di conciliazione, di cui all’articolo 410 c.p.c..
Attualmente, come ricordato dalla nota in commento, la disciplina del c.d. divieto di licenziamento si ricava dalla lettura in chiave sistematica delle disposizioni degli ultimi decreti-legge emanati, ovvero il D.L. n. 41/2021, il D.L. n. 73/2021 e il D.L. n. 99/2021. Giova, dunque, richiamare, nel complesso quadro normativo, la disciplina attualmente vigente in tema di licenziamenti.
In particolare, l’ultima norma da prendere a riferimento, in ordine cronologico, è l’art. 8, comma 9, del D.L. n. 41/2021 secondo il quale le aziende del settore industriale, che hanno presentato “domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale di cui agli artt. 19 e 20 DL 18/2020, ossia con causale Covid – 19, sono state soggette al blocco dei licenziamenti collettivi ex artt. 4, 5 e 24, L. 223/1991 e individuali per g.m.o. fino al 30 giugno 2021, nonché alla sospensione delle procedure di cui all’art. 7 della L. n. 604/1966.
Per le imprese aventi diritto all’assegno ordinario e alla cassa integrazione salariale in deroga di cui agli artt. 19, 21, 22 e 22 quater, D.L. n. 18/20, nonché a quelle destinatarie della cassa integrazione operai agricoli CISOA, il comma 10 del medesimo articolo 8 ha, invece, stabilito identiche restrizioni per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ma estendendole fino al prossimo 31 ottobre. Limitazioni che coinvolgono, altresì, le procedure in corso.
Il termine più ampio del 31 ottobre è stato concesso anche alle imprese del turismo, stabilimenti balneari e commercio, sebbene l’art. 43 del D.L. n. 73/2021 abbia previsto un’eccezione. Infatti, per i datori di lavoro operanti in tale settore il divieto di licenziamento risulta esteso fino al 31 dicembre nell’ipotesi in cui decidano di richiedere l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali, fruibile appunto entro tale data.
Tutto ciò porta ad affermare che dal 1° luglio 2021 il divieto di licenziamento è venuto meno per le sole aziende che possono fruire della CIGO individuate ex art. 10 del D.lgs. n. 148/2015, ovvero le imprese dell’industria e del manifatturiero, anche se – ricorda la nota de qua – ulteriori interventi normativi hanno esteso, a determinate condizioni, il divieto di licenziamento oltre il 30 giugno u.s. anche per tali aziende. In particolare, il comma 2 dell’art. 4 del D.L. n. 99/2021 ha previsto che per le aziende del tessile, identificate secondo la classificazione Ateco2007, con i codici 13, 14 e 15 (confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e in pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili), il divieto di licenziamento è esteso sino al 31 ottobre 2021 in virtù della possibilità di accedere ad ulteriore periodo di cassa integrazione di 17 settimane dal 1° luglio al 31 dicembre. Possibilità che comporta, per tali imprese, il divieto di licenziamento a prescindere dalla effettiva fruizione degli strumenti di integrazione salariale. Non solo. Anche per le altre aziende rientranti nell’ambito di applicazione della CIGO, gli articoli 40, commi 4 e 5, e 40 bis, commi 2 e 3, del D.L. n. 73/2021 hanno precluso la possibilità di licenziare ai datori di lavoro che abbiano presentato domanda di fruizione degli strumenti di integrazione salariale ai sensi degli articoli 40, comma 3 e 40 bis, comma 1, per tutta la durata del trattamento e fino al massimo al 31 dicembre 2021. Sul punto la nota pone in evidenza come il divieto di licenziamento sia collegato alla domanda di integrazione salariale e dunque al periodo di trattamento autorizzato e non a quello effettivamente fruito.
L’Ispettorato si sofferma anche sulla possibilità, prevista dal comma 1 del citato articolo 40, di stipulare un contratto di solidarietà in deroga al quale il legislatore non ha espressamente connesso la prosecuzione del divieto di licenziamento. Tuttavia, ricorda la nota, deve essere considerata la finalità difensiva propria del contratto di solidarietà, volto ad evitare esuberi e licenziamenti del personale, che costituisce elemento essenziale degli accordi di cui all’articolo 21, comma 5, del D.lgs. n. 148/2015.
Tanto premesso, direttamente collegata allo sblocco dei licenziamenti è la possibilità di riattivare le procedure di licenziamento e convocare le commissioni ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 604/1966.

Riattivazione procedure ex art. 7 L. 604/1966, chiarimenti INL
Proprio in considerazione dell’articolato quadro normativo, l’INL, nel documento di prassi, oltre a richiamare la vigente normativa in materia, ha predisposto un prospetto riepilogativo inteso ad orientare le procedure conciliative di competenza.
Inoltre, da un punto di vista operativo, al fine di acquisire le informazioni utili all’istruttoria delle procedure di conciliazione ex art. 7 della L. n. 604/1966 riguardanti il settore di attività dell’impresa istante e l’eventuale presentazione di domande di integrazione salariale, l’Ispettorato ha predisposto uno specifico modello di istanza, reso disponibile sul sito dell’INL nella sezione “Modulistica”, da utilizzare sia per le nuove istanze di attivazione delle procedure di conciliazione sia per le istanze già presentate all’epoca dell’entrata in vigore del Decreto Cura Italia e rimaste sospese ormai da oltre un anno. L’opportunità di reiterare tali ultime istanze utilizzando la nuova modulistica è dettata dalla possibilità, prevista dal legislatore, di accedere a misure di integrazione salariale che allungano il periodo di divieto.
Nel modello di istanza è prevista l’indicazione del settore aziendale con il codice Ateco e la dichiarazione del datore di lavoro di non avere presentato o di non essere in procinto di presentare domanda di cassa di integrazione ai sensi degli articoli 40 e 40 bis del D.L. n. 73/2021, nonché di avere esaurito le settimane integrabili di cui alla domanda di cassa integrazione presentata ai sensi degli articoli 40, comma 3, / 40 bis, comma 1, del D.L. n. 73/2021.
Gli Ispettorati territoriali che riceveranno le relative istanze dovranno, quindi, convocare le riunioni di conciliazione nel rispetto dei termini di cui alla circolare n. 3/2013 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ossia quelli perentori come sopra richiamati, previsti dalla normativa Nelle more della trattazione del tentativo di conciliazione gli uffici verificheranno, tramite la consultazione delle banche dati in uso, quanto dichiarato dalla parte istante circa la fruizione degli strumenti di integrazione salariale. Qualora a seguito di tali verifiche dovessero emergere incongruenze tra quanto dichiarato nell’istanza e quanto risultante dalle banche dati, il verbale di archiviazione della procedura dovrà dare atto dell’impossibilità di dare seguito al tentativo di conciliazione per la sussistenza delle condizioni di estensione del periodo di divieto previste ex lege.
In chiusura, la nota in commento richiama l’attenzione sulla eventuale presentazione di domanda di cassa integrazione ai sensi degli articoli 40, comma 3, e 40 bis, comma 1, successivamente alla definizione delle procedure ex art. 7 della legge 604/1966. Il verificarsi di tale condizione potrebbe essere valutato nell’ambito della programmazione delle attività di vigilanza connesse alla fruizione degli ammortizzatori sociali, uno dei settori sensibili inserito nel piano della vigilanza per l’anno 2021.

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