L’Agenzia delle entrate, tramite risposta a interpello n. 458 del 7 luglio 2021, ha chiarito quali siano gli obblighi del sostituto d’imposta nei confronti di quei dipendenti che, distaccati in Cina, ma trovandosi per via delle restrizioni dovute al COVID fisicamente in Italia, hanno continuato la loro attività a esclusivo beneficio della distaccataria cinese tramite smart working.

Per i dipendenti residenti in Cina che abbiano trascorso in Italia, durante l’anno bisestile 2020, meno di 184 giorni, il compenso relativo ai giorni di lavoro svolti in Italia rileva fiscalmente anche nel nostro Paese: la conseguente doppia imposizione sarà risolta, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, Convenzione Ocse, attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta da parte della Cina, Stato di residenza dei lavoratori dipendenti.

Qualora i dipendenti della società istante fossero da considerare residenti in Italia, la base imponibile di lavoro dipendente non può essere determinata ai sensi dell’articolo 51, comma 8-bis, Tuir, dal momento che tale disposizione richiede il soggiorno all’estero per più di 183 giorni, nell’arco di 12 mesi, da parte del lavoratore residente in Italia: pertanto, in tale fattispecie, la prestazione lavorativa è considerata svolta in Italia da parte di soggetti residenti.