Tra le eccezioni al divieto di licenziamento previste dall’articolo 14, comma 3, del decreto Agosto (Dl n. 104/2020) spicca quella relativa agli «accordi collettivi aziendali di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro», che consentono di riconoscere il trattamento Naspi ai lavoratori «che aderiscono al predetto accordo».

Ancora una volta la contrattazione collettiva aziendale viene impiegata dal legislatore come strumento derogatorio, in una logica di flessibilità che ricorda l’effetto della contrattazione di prossimità, pur senza confondersi con essa. Si tratta, infatti, di un nuovo tipo di contratto collettivo aziendale, che potremmo classificare come “autorizzatorio”, non nel senso che “autorizza” il licenziamento del lavoratore, ma in quanto consente di superare la disciplina limitativa del licenziamento attraverso una inedita modalità di risoluzione consensuale (e quindi non un recesso unilaterale) con diritto del lavoratore di percepire la Naspi, di cui il contratto aziendale costituisce il presupposto di legittimità.

Dal punto di vista soggettivo si deve trattare di un accordo stipulato «dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale», nozione cui il legislatore ricorre ogniqualvolta deleghi specifiche funzioni alla contrattazione collettiva; non si tratta quindi di un contratto collettivo aziendale stipulato dalle rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria, bensì dalle OO.SS territoriali.

Se il requisito soggettivo appare in tal modo particolarmente selettivo e qualificato, dal punto di vista procedurale, invece, la norma non prevede condizioni particolari, essendo sufficiente un atto individuale del lavoratore di “adesione” all’accordo aziendale «di incentivo alla risoluzione», senza alcuna prescrizione formale: in particolare non è necessario che la volontà risolutiva del lavoratore venga espressa in una sede “protetta. In modo simile a quanto accade con gli accordi sindacali in materia di riduzione del personale quando si prevedono licenziamenti cosiddetti “non oppostivi”, il lavoratore dovrà quindi aderire a quanto previsto dall’accordo collettivo, comunicandolo, entro un termine indicato nell’accordo stesso, al datore di lavoro, che avrà l’onere di raccogliere le suddette adesioni.

Sotto il profilo del contenuto, infine, l’accordo aziendale, oltre ai termini temporali di adesione e di scioglimento del rapporto, dovrà prevedere la somma dovuta al lavoratore quale incentivo economico alla risoluzione del rapporto; per tale somma, da ritenersi sostanzialmente un “incentivo all’esodo”, non sarà dovuto il pagamento di contributi all’Inps e verrà applicata una tassazione separata, ovvero in base all’aliquota media relativa ai cinque anni precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro (e non in base all’aliquota dell’anno in corso). Si tratta quindi una fattispecie complessa, in cui alla fonte collettiva, che predispone le modalità di “incentivo” e i tempi di scioglimento del rapporto, si deve aggiungere il consenso individuale alla risoluzione: solo la somma di questi due elementi produce l’effetto estintivo del rapporto di lavoro, con il diritto del lavoratore a percepire la Naspi.