La Suprema Corte, con la sentenza della Sezione Lavoro del 2 ottobre 2025 n. 26611, ha chiarito un principio centrale nella gestione delle relazioni sindacali: l’assemblea dei lavoratori prevista dall’articolo 20 dello Statuto dei lavoratori deve normalmente svolgersi all’interno dell’unità produttiva. Questo luogo rappresenta la sede naturale dell’incontro, poiché assicura la piena fruizione del diritto senza ostacoli né dispersioni organizzative.

Il ricorso a spazi esterni è ammesso solo quando sussistano impedimenti oggettivi di natura logistica o organizzativa che rendano impossibile utilizzare i locali interni. Se il datore di lavoro mette a disposizione ambienti alternativi situati nelle immediate vicinanze e se ne assume i relativi costi, la sua condotta non può essere considerata antisindacale. Perché tale violazione sia configurabile, infatti, non basta che la scelta organizzativa sia scomoda o non gradita: occorre che la soluzione adottata sia oggettivamente idonea a comprimere l’attività sindacale e che emerga una specifica intenzione del datore di limitare il diritto di assemblea.

La Corte, in sostanza, richiama un equilibrio fondamentale. L’azienda ha il dovere di garantire spazi adeguati e accessibili, mentre il sindacato può invocare l’intervento giudiziale solo quando risulti evidente una compressione effettiva e intenzionale della propria libertà di iniziativa all’interno del luogo di lavoro.