La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 21864 del 29 luglio 2025, ha chiarito che la rinuncia al riposo nelle festività infrasettimanali non può essere imposta unilateralmente dal datore di lavoro. Il diritto al riposo festivo trova fondamento negli artt. 36 e 41 Cost. e nell’art. 2109 c.c., che tutela il recupero delle energie psicofisiche e la dimensione personale del lavoratore, nonché nella Legge 27 maggio 1949, n. 260 sulle festività civili e religiose.
Secondo la Cassazione, l’attività lavorativa nei giorni festivi è ammessa solo se il lavoratore manifesta una volontà chiara, libera e inequivoca, formalizzata in un accordo individuale o collettivo che regoli espressamente la prestazione in tali giornate. Non è sufficiente il silenzio o la mera prassi aziendale, né l’adesione implicita a un ordine di servizio: la volontà deve essere esplicita e consapevole.
La Corte ha sottolineato che l’assenza del lavoratore nel giorno festivo non può mai essere sanzionata se manca una valida pattuizione che autorizzi la prestazione in deroga al diritto di riposo. L’obbligo imposto unilateralmente dal datore è pertanto illegittimo, poiché viola la ratio protettiva dell’art. 2109 c.c. e la garanzia costituzionale al riposo settimanale e festivo.
La pronuncia rafforza un principio già consolidato: la rinuncia al riposo può avvenire solo attraverso accordo espresso e scritto, nel rispetto delle tutele previste dai contratti collettivi. Il datore non può quindi imporre il lavoro festivo né dedurre una volontà implicita del dipendente: qualsiasi disposizione contraria è nulla e priva di effetti disciplinari.
Con questa decisione, la Corte riafferma che il riposo festivo è un diritto indisponibile salvo consenso espresso, e che ogni deroga deve fondarsi su un atto volontario del lavoratore e non su ordini unilaterali, garantendo equilibrio tra libertà d’impresa e dignità del lavoro.