Con sentenza n. 8180 del 22 aprile 2016, la Corte di Cassazione ha affermato che, nell’ambito di un procedimento disciplinare, se il lavoratore si giustifica prima che scadano i 5 giorni previsti dall’art. 7 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), il datore di lavoro è autorizzato a recedere dal rapporto di lavoro anche senza attendere la suddetta scadenza.

La sentenza è in linea con l’indirizzo delle Sezioni Unite della Cassazione in materia (sentenze n. 3965/1994), ma non con quanto  la stessa Corte aveva stabilito con la  sentenza n. 2610 del 23 febbraio 2002. In quell’occasione i giudici della Suprema Corte avevano affermato che il termine di cinque giorni dalla contestazione dell’addebito, previsto dall’art. 7, comma 5, della legge n. 300/1970, per l’irrogazione della sanzione disciplinare (ivi compreso il licenziamento) persegue un triplice obiettivo:

1. consente al lavoratore di presentare le proprie giustificazioni;

2. consente al datore di lavoro di adottare la sanzione dopo aver conosciuto le difese dell’incolpato;

3. consente al datore di lavoro di fruire di un tempo, anche se molto breve, di ripensamento e di raffreddamento, tale da fargli adottare i provvedimenti più gravi con la necessaria ponderazione.

Da ciò ne consegue, secondo la Corte, che il datore di lavoro non può irrogare il provvedimento, prima della decorrenza di tale termine.