L’INPS, con il messaggio n. 3322 del 2025, ha fornito un chiarimento decisivo sul congedo di paternità del genitore intenzionale, estendendo gli effetti della sentenza n. 115/2025 della Corte costituzionale anche alle situazioni non esaurite o non definitivamente concluse alla data del 24 luglio 2025. L’Istituto afferma che le fruizioni del congedo da parte della madre intenzionale anteriori alla sentenza non possono essere considerate indebite e che le domande respinte dovranno essere riesaminate su istanza dell’interessata, nel rispetto dei termini di prescrizione e decadenza.
La pronuncia della Corte costituzionale ha rappresentato un passaggio fondamentale. Con la sentenza n. 115/2025, è stata dichiarata l’illegittimità dell’art. 27-bis del D.lgs. 151/2001 nella parte in cui non riconosceva alla seconda madre non biologica, la cosiddetta madre intenzionale, il diritto al congedo di paternità obbligatorio nelle coppie di donne registrate come genitori nei registri dello stato civile. Prima della pronuncia, l’accesso al congedo era ammesso solo per i padri, e questa impostazione si rifletteva nei modelli informativi INPS, che non consentivano la presentazione della domanda da parte della madre intenzionale.
Secondo la Corte, tale esclusione determinava una disparità di trattamento tra coppie eterosessuali e coppie omogenitoriali femminili, in contrasto con il principio di uguaglianza e con il divieto di discriminazione. La madre intenzionale, una volta riconosciuta come genitore, si trova nella stessa posizione del padre eterosessuale quanto all’esercizio delle responsabilità genitoriali, alla costruzione del progetto familiare e alla necessità di conciliare la vita privata con quella lavorativa. L’orientamento sessuale dei genitori, come evidenziato dalla Corte, non incide sull’assunzione delle responsabilità genitoriali, e due genitori dello stesso sesso, se registrati, devono poter accedere alle stesse tutele riconosciute alle coppie eterosessuali.
Un primo adeguamento dell’Istituto era già intervenuto con il messaggio n. 2450 del 7 agosto 2025, con cui l’INPS aveva recepito la pronuncia della Corte e riconosciuto alla madre intenzionale lavoratrice dipendente la possibilità di fruire del congedo di paternità obbligatorio, rinviando alle indicazioni operative contenute nella circolare n. 122/2022. In tale occasione, tuttavia, era stato precisato che gli effetti si applicassero solo agli eventi successivi al 24 luglio 2025.
Il successivo messaggio n. 3322 del 5 novembre 2025 ha superato questa impostazione, chiarendo che la sentenza produce effetti anche sui rapporti non esauriti alla data di pubblicazione. Ne deriva che la lavoratrice che abbia ricevuto l’anticipazione del congedo dal datore di lavoro non è tenuta a restituire quanto percepito, anche se la fruizione è avvenuta prima del 24 luglio 2025, purché nel rispetto della disciplina vigente.
Per i casi in cui la domanda fosse stata presentata direttamente all’INPS per il pagamento diretto, come nelle ipotesi di alcune categorie di lavoratori (ad esempio agricoli o stagionali), l’Istituto riconosce la possibilità di chiedere il riesame delle richieste respinte prima della sentenza, se il procedimento non si è già concluso in via definitiva. Le istanze devono essere presentate nel rispetto dei termini previsti dall’art. 6 della legge 11 gennaio 1943, n. 138 per la prescrizione annuale e dall’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 per la decadenza annuale.
In conclusione, la madre intenzionale che abbia già fruito del congedo non rischia alcuna restituzione, mentre chi aveva presentato domande respinte può ottenerne il riesame, a condizione che la relativa procedura non sia già stata definita. Il nuovo quadro normativo e amministrativo segna un’evoluzione coerente con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione e con il divieto di discriminazione previsto dagli articoli 2 e 3 della direttiva 2000/78/CE, riconoscendo la centralità della funzione genitoriale e la necessità di un adeguamento costante delle prassi amministrative a un contesto familiare e sociale profondamente mutato.