Il decreto Trasparenza (Dlgs 104/2022) contiene un adempimento che, a distanza di quasi un mese dalla sua entrata in vigore, sta generando tanti dubbi interpretativi negli uffici del personale: l’informativa relativa ai «sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati». Questa definizione viene direttamente dal diritto comunitario, dove viene già utilizzata per altri fini; ad esempio, nel Gdpr (regolamento 2016/679).

La nozione di sistemi automatizzati viene usata anche dal decreto trasparenza, ma con modalità differenti. Viene imposto, a carico dei datori di lavoro che utilizzano tali sistemi, uno specifico obbligo informativo di portata molto ampia. Tali soggetti devono comunicare ai dipendenti gli aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l’uso dei sistemi automatizzati, informandoli anche degli scopi, delle finalità, della logica e del funzionamento degli stessi; a queste informazioni se ne aggiungono altre, ancora più dettagliate e tecniche (categorie di dati e parametri principali utilizzati per programmare i sistemi, misure di controllo adottate, eventuali processi di correzione, responsabile del sistema di gestione della qualità, livello di accuratezza e sicurezza informatica dei sistemi, impatti potenzialmente discriminatori).

Un adempimento di tale portata dovrebbe avere un ambito di applicazione certo e definito: esattamente quello che manca nel decreto, che mette sulle spalle dei datori di lavoro l’onere di capire quando l’informativa va fatta oppure no.

L’incertezza deriva dalla definizione di «sistemi automatizzati», il cui utilizzo determina l’obbligo di informativa: il Dlgs 104/2022 fa rientrare in tale ambito tutti i sistemi deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini dell’assunzione o del conferimento dell’incarico, ma non solo. Vengono citati anche i sistemi che servono a fornire indicazioni utili alla gestione o alla cessazione del rapporto di lavoro, all’assegnazione di compiti o mansioni e, infine, i sistemi che forniscono indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

Una definizione che può abbracciare tutti gli strumenti usati dalla fase di selezione del personale fino alla gestione del rapporto di lavoro e alla sua cessazione; un ambito talmente ampio e generico che potrebbe includere persino i sistemi di gestione della posta elettronica o di accesso alle sedi aziendali. Una lettura che avrebbe effetti pericolosi, perché metterebbe tutte le imprese nella condizione di dover preparare l’informativa complessa .

La seconda questione interpretativa, utile anche a risolvere la precedente, riguarda il livello di automazione dei sistemi: rientrano nella norma tutti o solo quelli che sono interamente automatizzati? Una lettura equilibrata e ragionevole dovrebbe portare a escludere dall’obbligo informativo tutti quei sistemi che, pur essendo automatizzati, assegnano comunque un ruolo all’intervento umano, in coerenza con la nozione contenuta nell’articolo 22, primo comma, del regolamento Ue 2016/679 (Gdpr), ma anche su questo punto la norma non offre certezze.

Per sciogliere questi nodi interpretativi servirebbe una correzione normativa, altamente improbabile nell’immediato; in alternativa, sarebbe necessario un intervento interpretativo degli organi competenti, per fornire agli ispettori del lavoro degli indirizzi chiari ed equilibrati, anche per scongiurare procedure sanzionatorie a pioggia. Rischio ancora più rilevante se si considera che la comunicazione sui sistemi automatizzati deve essere effettuata anche alle rappresentanze sindacali aziendali (o in assenza, territoriali) e che l’informativa crea una sovrapposizione con gli adempimenti dovuti in base alla normativa privacy.