La recentissima sentenza della Corte di Cassazione (Sez. V Penale, n. 25729/2025) segna una svolta nella gestione della sicurezza sul lavoro: delegare non basta più. Per datori di lavoro e responsabili HR, la “virata” in senso restrittivo della Suprema Corte impone una revisione profonda delle modalità con cui si individuano i delegati e si nomina l’RSPP o il consulente HSE. Requisiti più stringenti, obbligo di vigilanza attiva e necessità di scegliere professionisti realmente competenti diventano le nuove regole del gioco. In questo articolo analizzo i passaggi chiave della pronuncia e spiego come trasformare la delega in uno strumento di tutela reale per l’azienda e per chi la guida.

I criteri stringenti per la validità della delega di funzioni

La Corte di Cassazione (Sez. V penale), con la recente sentenza n. 25729/2025 depositata il 14 luglio 2025, ha ribadito in modo estremamente dettagliato gli stringenti requisiti richiesti perché una delega di funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro possa esonerare il datore di lavoro dalle proprie responsabilità. In tale pronuncia, scaturita dal processo per il tragico incidente del viadotto Acqualonga, i giudici di legittimità hanno confermato le condanne dei vertici aziendali, sottolineando che la responsabilità finale in materia di sicurezza non è delegabile in assenza di precisi presupposti. La delega di funzioni, infatti, è ammessa dall’ordinamento (art. 16 D.Lgs. 81/2008) solo a condizione che vengano rigorosamente rispettati determinati criteri di validità, così sintetizzati dalla Suprema Corte nella sentenza in esame:

  • Forma scritta e determinatezza: la delega deve risultare da atto scritto e riferirsi a funzioni specifiche e ben determinate, non potendo avere carattere generico.
  • Effettività: il trasferimento di poteri deve essere reale e sostanziale, non meramente formale; il delegato dev’essere messo concretamente nelle condizioni di esercitare le funzioni attribuitegli (mezzi, poteri operativi, autorità effettiva).
  • Professionalità e autonomia di spesa: la persona delegata deve possedere le competenze tecniche adeguate al settore delegato e disporre di una autonomia di spesa sufficiente per attuare le misure necessarie nell’ambito delle funzioni trasferite.
  • Contenuto specifico e delimitato: la delega deve riguardare settori ben individuati di competenza e non può mai comprendere le scelte strategiche fondamentali o gli assetti strutturali dell’organizzazione, che restano di esclusiva competenza degli organi apicali dell’ente. In altre parole, non è ammessa una delega “onnicomprensiva” che spogli completamente il vertice dei suoi poteri decisionali di fondo.
  • Alta vigilanza: anche dopo aver delegato, il datore di lavoro mantiene un obbligo di “alta vigilanza” sull’operato del delegato, dovendo controllare in modo alto e non di dettaglio che questi svolga correttamente i compiti assegnati, ed intervenire in caso di gravi inadempimenti o violazioni. Tale dovere di controllo strategico permane in capo all’AD proprio perché la delega di funzioni non comporta una cessione integrale della sua “posizione di garanzia” in materia di sicurezza. Egli resta titolare di obblighi residui di sorveglianza, con conseguente responsabilità in caso di culpa in eligendo (scelta di un delegato inidoneo) o culpa in vigilando (omesso controllo sull’operato del delegato) qualora il sottoposto non adempia correttamente ai compiti delegati.

Limiti all’esonero del datore di lavoro: obbligo di vigilanza e casi di responsabilità residua

Anche laddove la delega sia formalmente valida secondo i criteri sopra elencati, permangono limiti precisi all’esonero del datore di lavoro. La Cassazione, infatti, evidenzia che la delega di funzioni non equivale a uno scarico totale di responsabilità: il datore delegante conserva sempre un ruolo di garanzia sia pure attenuato, dovendo mantenere una vigilanza alta sull’andamento della gestione delegata. Nella sentenza 25729/2025 la Suprema Corte ha chiarito in particolare che la delega può avere effetto liberatorio per l’AD solo se l’evento dannoso occorso è riconducibile a una disfunzione occasionale nell’ambito delle funzioni effettivamente delega. Invece la responsabilità del vertice permane quando l’infortunio o il disastro sia dovuto a carenze strutturali, gravi difetti organizzativi o a errate scelte strategiche da parte dell’azienda. In tali situazioni di deficit sistemico – come nel caso di Autostrade per l’Italia, dove il disastro derivò da mancate manutenzioni e politiche aziendali inadeguate – la posizione di garanzia datoriale torna a gravare sui massimi dirigenti nonostante la presenza di deleghe, escludendo qualsiasi automatica esenzione di responsabilità penale per il datore di lavoro Questo orientamento si inserisce in una linea giurisprudenziale ormai consolidata e “rigorosa” verso i vertici aziendali: i giudici richiedono che il top management provi di aver fatto tutto il possibile (attraverso deleghe efficaci e controlli continui) per prevenire incidenti, altrimenti le omissioni di carattere organizzativo-strutturale saranno comunque a lui imputate. In sintesi, la delega di funzioni non estingue mai del tutto gli obblighi del datore di lavoro in materia di sicurezza, ma ne modula il contenuto: il datore resta garante ultimo del sistema prevenzionistico aziendale, sebbene attraverso un ruolo di controllo di secondo livello.

Importanza di un delegato competente e ruolo dell’RSPP/HSE

La sentenza 25729/2025 pone l’accento, tra le altre cose, sulla competenza del delegato quale condizione imprescindibile per una valida delega. Ciò offre uno spunto cruciale per le aziende: la scelta della persona a cui affidare funzioni così delicate non può essere guidata da meri criteri economici o di convenienza interna, ma deve basarsi su qualificazioni, esperienza e capacità comprovate. In ambito di salute e sicurezza sul lavoro, tipicamente il datore di lavoro nomina un Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) – figura spesso interna o anche un consulente esterno in materia di HSE (Health, Safety & Environment) – proprio per gestire gli aspetti tecnici della prevenzione. È fondamentale chiarire, però, che la mera designazione dell’RSPP non equivale affatto a una delega di funzioni valida ai sensi di legge. La Cassazione penale ha più volte affermato che nominare un RSPP (obbligo previsto dall’art. 17 D.Lgs. 81/2008) non solleva automaticamente il datore di lavoro né i dirigenti dalle rispettive responsabilità in materia antinfortunistica.L’RSPP, infatti, svolge un ruolo di consulente tecnico del datore di lavoro ed è privo di poteri decisionali autonomi in grado di incidere sugli obblighi di sicurezza aziendali. In assenza di una distinta e formale delega di funzioni (concretamente esercitabile) che lo investa di poteri e doveri propri del datore di lavoro, l’RSPP non assume la posizione di garante principale della sicurezza e non risponde penalmente degli eventi lesivi se non nei ristretti casi di condotte personali colpose a lui direttamente imputabili.

In pratica, l’RSPP o il consulente HSE esterno è l’unica figura della “filiera sicurezza” che, pur avendo un ruolo chiave, tipicamente non viene chiamata a rispondere penalmente degli infortuni – la responsabilità ricade comunque sul datore di lavoro delegante o sui dirigenti apicali. Proprio per questo, DL e Direzione HR devono potersi fidare ciecamente della professionalità di tali esperti: dall’accuratezza delle loro valutazioni dei rischi, suggerimenti e piani di miglioramento dipende la prevenzione degli incidenti e la tutela sia dei lavoratori sia dell’azienda stessa. Affidarsi a un RSPP o consulente HSE incompetente o scelto unicamente perché “costa poco” espone l’azienda a gravissimi rischi: in caso di verifiche o incidenti, il datore di lavoro non potrebbe giustificarsi scaricando colpe sul RSPP, dal momento che la responsabilità ultima resta in capo suo.

Investire in un RSPP altamente qualificato e con solide competenze rappresenta una forma di protezione per l’azienda: un professionista esperto saprà individuare e gestire correttamente i fattori di rischio, garantendo che tutti gli obblighi normativi siano adempiuti e prevenendo situazioni di pericolo che potrebbero sfociare in sanzioni o tragedie.

Infine, la scelta oculata del delegato per la sicurezza (anche soggetto esterno, come ampiamente consentito) non è solo una formalità burocratica, ma uno degli aspetti più critici della governance aziendale: deve prevalere la qualità e l’affidabilità del professionista a cui ci si affida, poiché da essa dipendono la sicurezza sul lavoro e la serenità legale dei vertici aziendali.