(Cass. Civ., Sez. Lavoro, 26 e 27 agosto 2025, nn. 23919 e 24040)
Due recenti pronunce della Corte di Cassazione hanno chiarito come si ripartisce l’onere della prova nelle controversie tra datore di lavoro e INPS in materia contributiva.
Con la Sentenza n. 24040/2025, la Corte ha stabilito che spetta all’INPS dimostrare che il lavoratore abbia percepito somme in dipendenza del rapporto di lavoro. Tuttavia, se il datore di lavoro intende beneficiare di un esonero o di una riduzione contributiva, deve essere lui a provare di possedere tutti i requisiti richiesti dalla legge, come previsto dall’art. 2697 del Codice Civile e ribadito dalla Circolare INPS n. 57/2023.
La Sentenza n. 23919/2025 ha invece chiarito che, quando il datore contesta un credito contributivo, è l’INPS a dover provare i fatti su cui fonda la propria pretesa. Il verbale ispettivo ha valore probatorio fino a querela di falso solo per i fatti accertati direttamente, non per opinioni o deduzioni dell’ispettore, che possono essere contestate dal datore di lavoro.
In sintesi, la Cassazione ribadisce un principio di equilibrio:
- l’INPS deve provare ciò che pretende;
- il datore di lavoro deve dimostrare i requisiti per ottenere agevolazioni o esoneri.
Una linea di rigore ma anche di chiarezza: chi chiede un beneficio deve poterlo documentare, e chi accerta deve basarsi su fatti, non su presunzioni.