Con la Sentenza n. 20035 del 18 luglio 2025 della Corte Suprema di Cassazione – Sezione Lavoro, si chiarisce che non è sufficiente che il lavoratore potesse teoricamente godere delle ferie residue: il datore di lavoro deve dimostrare di averlo effettivamente collocato nelle condizioni di usufruirne.
La Corte afferma che l’onere della prova grava sul datore, che deve provare di aver informato in modo chiaro, puntuale e tempestivo il lavoratore circa la fruizione delle ferie e circa le conseguenze della mancata fruizione.
La perdita del diritto alle ferie residue, e dell’eventuale indennità sostitutiva, può avvenire solo se risulta provato: un invito formale al godimento delle ferie e una reale concreta possibilità di usufruirne. In assenza di tali condizioni, non è ammessa alcuna decadenza automatica.
Il diritto alle ferie, tutelato anche dall’articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE e dall’articolo 36 della Costituzione italiana, rimane pienamente valido finché il datore di lavoro non dimostri di aver garantito al lavoratore la concreta opportunità di riposo.
La Corte richiama che la verifica deve basarsi su fatti e prove documentali — ad esempio comunicazioni scritte, inviti o solleciti — e non su mere presunzioni. Solo in presenza di tali elementi può legittimamente operare una perdita del diritto o dell’indennità sostitutiva; altrimenti l’azienda è tenuta a riconoscere quanto dovuto per le ferie non godute, a tutela del principio di effettività del diritto al riposo annuale.