In questi ultimi periodi si sono susseguite diverse attività dello Studio volte all’espletamento degli adempienti in seguito alla cessione/fusione di aziende.

Diversamente a quanto detto, ci sono ancora una serie di considerazioni che pare non siano chiare e necessitano di un approfondimento ancorché l’attività possa sembrare semplice nasconde alcuni aspetti su cui ci soffermeremo che non sempre sono stati chiariti.

Il trasferimento d’azienda da un imprenditore ad un altro è oggetto non solo di norme civilistiche, ma anche di una complessa normativa lavoristica volta a tutelare i lavoratori dell’azienda ceduta. La materia, nel suo complesso, è stata accompagnata da un progressivo consolidamento da parte della giurisprudenza di legittimità, che a sua volta ha tratto spunto anche dagli interventi della Corte di Giustizia Europea.

Per trasferimento d’azienda si intende ogni operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata esistente prima del trasferimento e che conservi nel trasferimento la propria identità a prescindere da quale atto giuridico sia posto in essere per l’operazione. In altre parole le cessioni e i trasferimenti dell’azienda altro non sono che una cessione di un’attività con passaggio dei dipendenti ivi impiegati.

Siamo quindi in presenza di un trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112, c.c., ogni qualvolta si verifichi la sostituzione del titolare, a patto che l’organizzazione del complesso dei beni destinati all’esercizio dell’impresa non risulti compromessa. Il mezzo attraverso il quale questa operazione avviene non rileva in alcun modo, tanto che si è soliti ricomprendere in questa fattispecie anche istituti giuridici apparentemente estranei, come la successione ereditaria purché si mantengano inalterate la struttura e l’organicità del complesso aziendale ereditato.

I molteplici adempimenti a carico dei datori di lavoro che intendono trasferire l’azienda o un ramo di essa, sono disciplinati da una serie di norme che sono state oggetto di continua evoluzione.

Recependo le Direttive comunitarie n. 187/77/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del 14/02/1977 e n. 98/50 del Consiglio dell’Unione Europea del 29/06/1998, successivamente trasfuse nella Direttiva 23/2001/CEE del Consiglio dell’Unione Europea del 12/03/2001, il D.Lgs. 02/02/2001, n. 18, con l’intento di salvaguardare i diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda, aveva riscritto l’art. 2112, c.c..

Successivamente il comma cinque dello stesso art. 2112, c.c., è stato modificato dall’intervento del D.Lgs. 10/09/2003, n. 276, in attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro di cui alla L. 14/02/2003, n. 30, che attraverso l’art. 32, ha eliminato il requisito della preesistenza del ramo d’azienda rispetto al momento del passaggio dal cedente al cessionario. Con questo suo intervento il Decreto ha inoltre esteso la nozione di trasferimento ai casi di fusione prima non espressamente previsti.

L’art. 47, L. 29/12/1990, n. 428, come novellato dal D.Lgs. 18/2001, disciplina le operazioni da adottare in caso di trasferimento di azienda con più di quindici dipendenti, prevedendo l’adozione di una particolare procedura.
In particolare al comma 1 è disposto:
“Quando si intenda effettuare, ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile, un trasferimento d’azienda in cui sono occupati più di quindici lavoratori, l’alienante e l’acquirente devono darne comunicazione per iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive rappresentanze sindacali costituite, a norma dell’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive interessate, nonché alle rispettive associazioni di categoria. 
In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, la comunicazione deve essere effettuata a tutte le associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, firmate del contratto applicato.”
La comunicazione alle associazioni di categoria deve essere effettuata per il tramite del Consulente del Lavoro a cui conferiscono mandato.
L’informazione deve riguardare:

  1. i motivi del programmato trasferimento d’azienda;
  2. le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;
  3. le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

Si ritiene che la dimensione occupazionale dei quindici dipendenti faccia riferimento al periodo che precede il trasferimento, escludendo i dipendenti con rapporto occasionale e saltuario e quelli assunti con contratto di apprendistato e di inserimento; i lavoratori a tempo parziale devono essere considerati in proporzione all’orario svolto.
Nel caso in cui il trasferimento interessi solo una parte dell’azienda, il limite dei quindici dipendenti opera in riferimento all’intera azienda.
Le parti hanno, quindi, l’obbligo di una comunicazione scritta alle rappresentanze sindacali unitarie delle unità produttive interessate o in mancanza, alle rappresentanze aziendali costituite a norma dell’art. 19, L. 20/05/1971, n. 300; in mancanza delle predette rappresentanze aziendali, ai sindacati di categoria maggiormente rappresentativi o alle associazioni di categoria stipulanti il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento.
Tale atto deve essere trasmesso almeno venticinque giorni prima che sia perfezionato l’atto da cui deriva il trasferimento.

Su tale documento andranno indicati:

  1. la data certa o presunta del trasferimento;
  2. i motivi del programmato trasferimento;
  3. le conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori e le misure da adottare per la loro tutela.

Deve, quindi, essere comunicato inequivocabilmente che il rapporto di lavoro prosegue senza soluzione di continuità, mantenendo tutti i diritti maturati fino alla data di perfezionamento dell’atto di trasferimento dell’azienda, presso il soggetto cedente.
Le parti, inoltre, debbono avviare un esame congiunto della situazione con i sindacati quando questi ne facciano richiesta entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui sopra. 

Questa fase, intesa di consultazione e non di controllo sindacale sui motivi del trasferimento, si considera esaurita dopo dieci giorni dal suo inizio, con conseguente libertà di azione da parte delle aziende interessate anche nel caso in cui non si raggiunga un accordo. 
Questo sta a significare che il cedente e il cessionario non sono obbligati ad accordarsi con i sindacati in sede di esame congiunto e quindi non può esistere, da parte dei sindacati, la legittimazione a impugnare il trasferimento in quanto l’informazione è solamente finalizzata alla consultazione.

La mancata osservanza di questo obbligo di legge, da ambo le parti, costituisce condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28, L. 300/1970 (statuto dei lavoratori), anche se non incide sulla validità del negozio traslativo non potendosi considerare l’osservanza della procedura sindacale alla stregua di un presupposto di legittimità del negozio di trasferimento (Sent. Cass. 06/06/2003, n. 9130). Il mancato adempimento dell’obbligo di informazione, costituisce un comportamento che viola il solo interesse del sindacato, quindi, solo per questa motivazione, il sindacato è ammesso a ricorrere.

Il rispetto dei venticinque giorni può risultare problematico nei casi di fusione e cessione in cui non è facilmente individuabile la data da cui partire per il calcolo del termine indicato dalla legge.
Diverse sono le interpretazioni, ne citiamo due: la data a cui fare riferimento potrebbe essere quella della delibera delle rispettive società oppure quella dell’atto pubblico di fusione che è posteriore.
In precedenza questo dubbio non sorgeva in quanto non era indicata una precisa scadenza dell’obbligo di informazione e consultazione.

L’applicabilità del trasferimento d’azienda di cui all’art. 2112, c.c., deve ritenersi preclusa nei casi di:

  1. trasformazione di società“. La semplice modificazione dello statuto non può costituire il mutamento del soggetto imprenditore ma solo il cambiamento della sua forma giuridica. I diritti dei lavoratori, seppure esclusi dalla disciplina del trasferimento d’azienda, sono in questo caso tutelati dall’art. 2498, c.c., che prevede, in caso di trasformazione, la prosecuzione di tutti i rapporti, finanche quelli processuali. Seppure esclusi dalla tutela dell’art. 2112, c.c., i dipendenti della società trasformata, sono comunque garantiti in virtù del citato articolo che recita: “Con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione”;
  2. conferimento di un’azienda individuale in società“. La fattispecie configura un trasferimento di beni ma non realizza una modifica dell’organizzazione aziendale così come intesa nel trasferimento d’azienda. Tale conferimento è in tutto e per tutto assimilabile ad una trasformazione e pertanto soggetto anch’esso alla disciplina dell’art. 2498, c.c.;
  3. trasferimento del pacchetto azionario di maggioranza di una società“. In questo caso non si determina un mutamento del soggetto nella titolarità dell’impresa poiché la società titolare dell’azienda non si modifica;
  4. modifica della denominazione sociale“. Anche in questo caso non avviene il mutamento del soggetto titolare dell’impresa.

Infine non rientra nell’ambito dell’art. 2112, c.c., la successione degli appalti regolata dal comma 3, dell’art. 29, Decreto Biagi, che prevede: “l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte di azienda”.