L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 190 del 6 febbraio 2023, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla possibilità di beneficiare, con particolare riferimento ai compensi che andrebbe eventualmente a percepire qualora accettasse l’incarico di membro del Consiglio di Amministrazione di talune società, del ”regime speciale per lavoratori impatriati”, di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.

 

La Risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 ha introdotto il ”regime speciale per lavoratori impatriati” al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire contestualmente lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del nostro Paese.

La citata disposizione normativa è stata oggetto di modifiche normative operate dall’articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), in vigore dal 1° maggio 2019, che trovano applicazione, ai sensi del comma 2 del predetto articolo 5, come modificato dall’articolo 13­ter, comma 1, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157), «a partire dal periodo d’imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147».

In sostanza, ciò comporta che, nei confronti di coloro che sono considerati residenti nel territorio dello Stato successivamente al 30 aprile 2019 (come, nel caso   di specie, l’Istante), trova applicazione la vigente formulazione della norma che, verificandosi i requisiti e le condizioni previsti ­ alternativamente ­ dal comma 1 o dal comma 2, prevede che i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ed i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono nel territorio dello Stato la loro residenza ai sensi dell’articolo 2 del TUIR concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare a decorrere dal periodo d’imposta in cui è avvenuto in trasferimento della residenza fiscale e per i quattro periodi d’imposta successivi.

In  relazione  alle  modifiche  normative  che  hanno  ridisegnato  il  perimetro  di applicazione del suddetto regime agevolativo a partire dal  periodo  di  imposta 2019, con particolare riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi da rispettare, ai presupposti per accedere all’ulteriore quinquennio agevolabile, all’ambito temporale di applicazione della sopra richiamata disposizione ed alle modifiche normative concernenti il requisito dell’iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) per fruire dell’incentivo fiscale in esame, sono stati forniti puntuali chiarimenti con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020 (cui si rinvia integralmente per eventuali ed ulteriori approfondimenti) che, a sua volta, per gli aspetti del regime agevolato non oggetto di modifica, rimanda a quanto precisato dalla precedente circolare n. 17/E del 23 maggio 2017.

In linea con la finalità della norma ­ tesa ad agevolare i soggetti che si trasferiscono in Italia per svolgervi la loro attività ­ il ”regime speciale per lavoratori impatriati”­ risulta applicabile ai soli redditi (di lavoro dipendente, assimilati a quelli di lavoro dipendente e di lavoro autonomo) che, prodotti nel territorio dello Stato, concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente secondo le ordinarie disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

L’adesione al ”regime forfetario” di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (che rappresenta il regime ”naturale” delle persone fisiche che esercitano un’attività di impresa, arte o professione in forma individuale), comporta, invece, la determinazione del reddito imponibile secondo criteri ”forfetari”, applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività in misura diversificata a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata, sul quale viene poi operata un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’imposta regionale sulle attività produttive pari al 15 per cento. Ciò implica, pertanto, che, per espressa previsione normativa [cfr. articolo 3, comma 3, lettera a), del TUIR], tale reddito non concorre alla formazione del reddito complessivo.

Al riguardo, con la citata circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020 è stato chiarito (cfr. paragrafo 7.11) che ”il contribuente che rientra in Italia per svolgere un’attività di lavoro autonomo beneficiando del regime forfetario non potrà avvalersi del regime previsto per i lavoratori impatriati, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo. Resta ferma la possibilità per il contribuente di rientrare in Italia per svolgere un’attività di lavoro autonomo, beneficiando, in presenza dei requisiti, del regime fiscale previsto per gli impatriati, laddove venga valutata    una maggiore convenienza nell’applicazione di detto regime rispetto a quello naturale forfetario”.

Tale documento di prassi, quindi, evidenzia che l’opzione per il regime forfetario, pur sussistendo i requisiti per l’applicazione del regime degli impatriati al momento del rientro in Italia, comporta l’impossibilità di esprimere a posteriori l’opzione per il diverso regime degli impatriati. Dal comportamento concludente assunto dall’Istante nel caso in esame, per effetto dell’opzione già esercitata, infatti, emerge la volontà di non avvalersi del regime degli impatriati, sin dal momento del rientro in Italia.

Ne consegue che, avendo trasferito la residenza fiscale in Italia nel 2020 ed avendo optato, a seguito del rientro, per il ”regime forfetario” nei periodi d’imposta 2020 e 2021, l’Istante non potrà fruire del diverso regime di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 , negli anni successivi e sino al compimento del quinquennio potenzialmente agevolabile (ossia dal 2022 al 2024).