Con la Risposta a interpello n. 249 del 18/09/2025, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che i contratti di assicurazione sanitaria (malattia, infortunio e maternità) stipulati dal datore di lavoro in favore dei propri dipendenti non possono essere qualificati né come “contributi assistenziali” né come “contributi previdenziali”.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, manca infatti sia la finalità di solidarietà collettiva verso soggetti in stato di bisogno, che caratterizza i contributi assistenziali, sia l’adempimento ad obblighi di legge volto a garantire prestazioni previdenziali, proprio dei contributi previdenziali.
Inquadramento normativo
L’art. 51, comma 1, del TUIR stabilisce il principio di onnicomprensività: costituisce reddito di lavoro dipendente tutto ciò che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, salvo le deroghe previste dai commi successivi dello stesso articolo.
Tra queste deroghe rientra l’art. 51, comma 2, lettera a) TUIR, che esclude dal reddito i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge.
La stessa Amministrazione, già con la Circolare n. 326 del 23/12/1997, aveva chiarito che l’assistenza sociale si fonda unicamente su logiche di solidarietà collettiva a favore di soggetti in stato di bisogno, mentre i contributi previdenziali sono tali solo se previsti per legge e destinati a specifiche prestazioni.
Conseguenze fiscali
Alla luce di tale interpretazione, i premi delle polizze sanitarie non rientrano nell’eccezione prevista dall’art. 51, comma 2, lettera a), TUIR. Pertanto, essi concorrono alla formazione del reddito imponibile da lavoro dipendente, ai sensi del comma 1 del medesimo articolo.