L’INPS, con circolare numero 98 del 5 giugno 2025, ha fornito le istruzioni relative a quanto previsto dall’articolo 1, comma 171, L. 207/2024 (di seguito, Legge di Bilancio 2025), in materia di NASpI.

In base a tale disposizione, con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2025, devono poter esser fatte valere almeno 13 settimane di contribuzione dall’ultimo evento di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato interrotto per dimissioni volontarie, anche a seguito di risoluzione consensuale, fatte salve specifiche ipotesi. Tale requisito si applica a condizione che l’evento di cessazione per dimissioni sia avvenuto nei 12 mesi precedenti l’evento di cessazione involontaria per cui si richiede la prestazione.

Innanzitutto, l’INPS evidenzia che per evento di disoccupazione si intende l’evento di cessazione dal rapporto di lavoro che ha comportato lo stato di disoccupazione. Pertanto, la norma in esame trova applicazione per le sole domande di NASpI presentate a seguito di cessazione involontaria intervenuta a fare data dal 1° gennaio 2025.

Sono escluse dalle ipotesi di cessazione volontaria le dimissioni per giusta causa, le dimissioni intervenute nel periodo tutelato della maternità e della paternità di cui all’articolo 55, D.Lgs. 151/2001, nonché le ipotesi di risoluzione consensuale intervenute nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7, L. 604/1966, che, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 3, D.Lgs. 22/2015, consentono l’accesso alla prestazione NASpI.

Tra le ipotesi di dimissioni per giusta causa rientra anche quella relativa alle dimissioni a seguito del trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda, a condizione che il trasferimento non sia sorretto da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive e ciò indipendentemente dalla distanza tra la residenza del lavoratore e la nuova sede di lavoro.

Infine, tra le fattispecie di risoluzione consensuale è altresì fatta salva l’ipotesi della risoluzione consensuale a seguito del rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in 80 minuti od oltre con i mezzi di trasporto pubblici.