La scadenza del 7 giugno 2026 impone alle aziende di recepire la Direttiva UE 2023/970 adottando un piano strutturato che includa la mappatura delle retribuzioni, la revisione dei contratti individuali e dei sistemi premianti, la riorganizzazione dei criteri di selezione, formazione e avanzamento e la costruzione di un sistema di monitoraggio e rendicontazione in grado di prevenire discriminazioni retributive, con vantaggi anche in termini reputazionali e competitivi; la Direttiva sostituisce la precedente Direttiva 2006/54/CE e impone obblighi di trasparenza pre-assuntiva, contrattuale e continuativa lungo l’intero rapporto di lavoro, con accesso ai dati tramite rappresentanti dei lavoratori o organismi per la parità e divieto di clausole di riservatezza o richieste sui salari precedenti; secondo la Corte di Giustizia dell’UE il campo di applicazione è esteso a ogni forma di lavoro subordinato, inclusi somministrati, part-time, lavoratori da piattaforma o intermittenti; per i datori con almeno 250 dipendenti è previsto l’obbligo annuale di report, per quelli tra 150 e 249 è triennale, mentre tra 100 e 149 si applica dal 2031; rilevata una disparità superiore al 5% scatta l’obbligo di valutazione congiunta retributiva con i rappresentanti dei lavoratori e possibili interventi dell’ispettorato del lavoro, con onere della prova invertito in caso di ricorsi e pieno diritto al risarcimento per i lavoratori, senza limiti prefissati; le imprese possono anticipare l’adeguamento attraverso la Certificazione di parità di genere, prevista dalla Legge n. 162/2021 e dalla Legge n. 234/2021, basata sulla UNI/PdR 125:2022, affiancata al Rapporto biennale previsto per aziende oltre i 50 dipendenti; è fondamentale investire su sistemi valutativi interni oggettivi, formalizzare i criteri di selezione, rimuovere clausole discriminatorie, formare il personale a tutti i livelli e coinvolgere le Rappresentanze sindacali in modo permanente; il rispetto della Direttiva, oltre a ridurre il rischio di sanzioni e contenziosi, favorisce la motivazione interna, l’attrattività esterna e la costruzione di una cultura del lavoro più equa e sostenibile.