Le modifiche introdotte con l’art. 7 del D.L.vo n. 104/2022 relative,  alla durata massima del periodo di prova, offrono lo spunto per una riflessione sulla durata della prova nei contratti a termine.
Il comma 1 afferma che la durata massima del periodo di prova non può varcare la soglia dei sei mesi: ovviamente, restano valide le previsioni contrattuali che stabiliscono periodi inferiori.
Sono i CCNL a stabilire la durata della prova.
Nei contratti a tempo determinato, afferma il comma 2, il periodo di prova deve avere una durata proporzionale correlata anche alle mansioni da svolgere: qui, a mio avviso, sarà necessario un intervento della contrattazione collettiva.
A partire dal 13 agosto, data di entrata in vigore del D.L.vo n. 104/2022, si pone il problema della determinazione ridotta del periodo di prova, atteso che il Legislatore delegato non ha ritenuto di dover rinviare alle pattuizioni collettive le determinazioni per i periodi ridotti relativi al patto di prova.
Non sussiste,  una regola univoca e scevra da possibili contenziosi, in caso di non superamento del periodo di prova: si potrebbe suggerire di dividere il periodo di prova previsto contrattualmente per quel determinato livello, per dodici (quanti sono i mesi dell’anno) e moltiplicare il risultato ottenuto per i mesi di durata del contratto a termine.
Si tratta di una interpretazione personale, tuttavia finche i contratti collettivi non interverranno si deve trovare un parametro per la determinazione.