Con la Risposta n. 956-1379/2025, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che le indennità riconosciute ai superstiti del lavoratore dipendente deceduto non sono soggette a tassazione, anche quando vengono corrisposte in forma di rendita temporanea anziché come importo unico.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, queste somme non rappresentano un incremento patrimoniale per il beneficiario, ma costituiscono il ristoro di un danno subito. L’Agenzia ha così confermato l’orientamento già espresso con la Circolare n. 55/E del 1999, estendendone l’applicazione anche alle prestazioni periodiche.
Nel caso esaminato, una società aveva istituito per i dirigenti partner un regolamento aziendale che prevedeva, in caso di morte del lavoratore, un’indennità una tantum di un milione di euro e una rendita annua integrativa di 100.000 euro, corrisposta fino a quando il dipendente avrebbe compiuto sessant’anni.
L’Agenzia ha chiarito che la modalità di erogazione non incide sull’esenzione: ciò che conta è il nesso diretto tra la prestazione e l’evento morte, nonché la predeterminazione dell’importo e della durata nel regolamento aziendale. La sostanza economico-giuridica della prestazione prevale sulla forma tecnica con cui viene corrisposta.
Richiamando l’articolo 6, comma 2, del TUIR, l’Agenzia ha confermato che tali indennità restano escluse dal reddito imponibile, consolidando un principio di tutela per i familiari superstiti e garantendo uniformità di trattamento fiscale anche per le rendite temporanee.