La normativa previdenziale offre strumenti per colmare i periodi privi di contribuzione. Tra questi, i più utilizzati sono il riscatto dei periodi non coperti e la contribuzione volontaria autorizzata dall’INPS. Si tratta di istituti distinti, con logiche, costi e finalità differenti, da valutare sempre in base alla specifica posizione assicurativa del lavoratore.

Riscatto dei contributi
Il riscatto consente di valorizzare periodi del passato privi di copertura, purché previsti da disposizioni di legge. Tra i principali casi rientrano:

  • gli anni legali del corso di studi universitari previsti dall’art. 2 del D.Lgs. n. 184/1997
  • i periodi di lavoro all’estero in Stati non convenzionati, ai sensi dell’art. 51 della L. n. 153/1969
  • i congedi per motivi familiari o assistenza a disabili riconosciuti dalla L. n. 53/2000 e dal D.Lgs. n. 151/2001
  • gli intervalli di disoccupazione non indennizzata disciplinati dal D.Lgs. n. 564/1996
  • i periodi part-time dal 1997 in poi, al fine di integrare la retribuzione ridotta
  • i periodi “scoperti” compresi tra il primo e l’ultimo contributo, per chi non ha contribuzione anteriore al 1996, tramite la cosiddetta “Pace contributiva” prevista dall’art. 20 del D.L. n. 4/2019

Il riscatto guarda al passato: consente di recuperare anni già trascorsi e non coperti, ma non può essere applicato a periodi qualsiasi senza un esplicito fondamento normativo.

 Contributi volontari
La contribuzione volontaria copre i periodi presenti e futuri in cui non si lavora, a seguito di autorizzazione dell’INPS. I versamenti si effettuano di trimestre in trimestre e si può risalire al massimo ai sei mesi precedenti la domanda. È possibile integrare anche periodi lavorati in part-time, presentando la domanda entro l’anno successivo alla Certificazione Unica relativa.
Per ottenere l’autorizzazione ai contributi volontari sono in genere richiesti almeno tre anni di contribuzione negli ultimi cinque oppure cinque anni complessivi di versamenti, anche non recenti. Requisiti più leggeri valgono per part-time e stagionali.

 Differenze sull’autorizzazione

  • Il riscatto non richiede in linea generale un periodo minimo di contribuzione: si possono riscattare, ad esempio, gli anni di laurea anche senza aver mai lavorato.
  • I contributi volontari necessitano invece di requisiti assicurativi minimi (3 anni nel quinquennio o 5 complessivi).

 Costi a confronto
Il riscatto può essere calcolato secondo diversi sistemi:

  • sistema della riserva matematica, previsto dall’art. 13 della L. n. 1338/1962, quando si valorizzano periodi nel sistema retributivo
  • sistema percentuale, secondo l’art. 2, comma 5 del D.Lgs. n. 184/1997, applicando l’aliquota contributiva (33% nel FPLD) alla retribuzione annua degli ultimi 12 mesi, moltiplicata per gli anni riscattati
  • sistema forfettario agevolato, per riscatto laurea o periodi scoperti in regime contributivo, disciplinato dall’art. 20, comma 6 del D.L. n. 4/2019, che nel 2025 comporta un onere di 6.123,15 euro per anno

Per i contributi volontari dei dipendenti, il costo si calcola sulla retribuzione media delle ultime 52 settimane accreditate, moltiplicata per l’aliquota IVS (33%). Per artigiani e commercianti, la contribuzione è determinata applicando le aliquote stabilite dalla L. n. 233/1990, sulla base della classe di reddito, come chiarito anche dalla Circolare INPS n. 58/2025.

 Il riscatto è utile per recuperare anni passati e può servire a incrementare l’anzianità contributiva o ad anticipare il pensionamento. La contribuzione volontaria serve invece a coprire i periodi attuali o immediatamente precedenti non coperti da lavoro e a garantire continuità contributiva.
Entrambi sono strumenti preziosi, ma con costi e requisiti diversi: la valutazione di convenienza va sempre effettuata in modo personalizzato, tenendo conto della carriera assicurativa e degli obiettivi pensionistici individuali.